Qui l'articolo del giornale in questione:
http://dl.dropbox.com/u/69641318/Articolo%20Pini%20Manerbio.jpg
Circa una settimana fa un
corteo di approssimativamente 300 persone si muoveva per le strade di
Manerbio. Persone mobilitatesi da tutto il nord-Italia, forti non
solo della condivisione di un obiettivo, ossia quello di impedire la
costruzione del macello di suini più grande d'Europa, che rischia di
sorgere nella bassa bresciana, ma ancor più determinate
dall'imprescindibile fondamento della lotta che li ha chiamati in
strada: la liberazione animale, la fine dello sfruttamento tutto, la
fine degli abusi e della prigionia, la fine di tutte le espressioni
dello specismo, della violenza e della prevaricazione. A gran voce si
è reclamata la fine di tutto ciò a cui sarà legata l'attività
dell'agghiacciante monumento allo sterminio sistematico e
razionalizzato che la 'Hamburger Pini' progetta di mettere in
funzione a Manerbio. La maggior parte dei giornalisti, ha raccontato
questa giornata nei propri articoli per quello che è stata entrando,
chi più e chi meno, nel dettaglio delle motivazioni che ci hanno
mosso. E poi c'è stato un quotidiano di Brescia e provincia.
La testata di cui
sopra, infatti, dà ottima prova di un giornalismo conservatore che
si asciuga la lingua sulle scarpe del potere. Passano nel più
assoluto silenzio i contenuti del corteo di sabato 12, mentre viene
dedicata un'intera, vergognosa pagina, ad una untissima sviolinata di
plauso all'imprenditoria di Pini ed ai benefici che il mega impianto
di Manerbio porterà all'occupazione della bassa, con tanto di
fotografie a colori che ritraggono gli interni del gemello polacco
(il macello Pini già esistente a Kutno), gli operai che lavorano
sulle carcasse che viaggiano attraverso una catena di smontaggio
industrializzata, e poi il prodotto finito, confezionato nella
plastica.
Viene data parola allo
stesso Piero Pini, il quale ammette al di fuori dell'amministrazione
Manerbiese, in Italia, il suo piano ha trovato solo opposizioni. Dice
infatti che avrebbe già abbandonato il progetto da tempo se non
desiderasse lasciare uno dei suoi figli alla guida dello
stabilimento. La famiglia prima di tutto quindi, insieme ai soldi,
perché nonostante Pini dichiari di voler portare capitali e lavoro
in Italia non è possibile nascondere che l'unica ricchezza che il
macello promette di portare è quella di sé stesso e dei suoi
consanguinei.
Una delle bocche a
favore del progetto è ovviamente quella del sindaco di Manerbio, che
si è recato in visita all'impianto di Kutno, in compagnia di due
consiglieri della minoranza (P.D. e Manerbio a sinistra). Qui
l'autore dell'articolo si diletta nel dipingere gli occhi del sindaco
Meletti, che dovrebbero proverbialmente brillare di fronte al macello
polacco. Il sindaco che “da che mondo e mondo il maiale non si
manda in pensione” si trova faccia a faccia con un'anteprima del
suo nuovo giocattolo. E anche dalla minoranza, arriva
un'approvazione, seppur meno acritica di quella di Meletti, pur
sempre cieca all'enormità della sofferenza animale, e sorda alla
forte opposizione che il progetto sta ricevendo.
Le cifre sono
all'ingrasso, nell'articolo quanto nelle bocche dell'amministrazione.
Solo sei mesi fa si parlava di 600 posti di lavoro, poi sono
diventati 800, ora 1200. Cosa succede? C'è un po' di confusione o è
necessario alzare la posta poiché i costi e i danni di questa
struttura sono stati diligentemente messi in luce? Poiché Manerbio,
e i comuni limitrofi, potrebbero non essere intenzionati ad accettare
il parto di questa aberrazione atroce sul loro territorio?
La scusa dei posti di
lavoro è sbandierata con orgoglio a destra e a sinistra per
giustificare qualsiasi opera. Anche la minoranza è ora in campo
insieme al sindaco per la realizzazione del macello Pini. D'altro
canto chi può essere mai così stolto da opporsi ad un progetto che
dona occupazione in tempo di crisi? Nonostante la crisi la stiamo
pagando proprio a causa di questa attitudine scellerata, che passa
sopra tutti e tutto per il profitto, e dell'inerzia della politica di
fronte a ciò. “Chi spiegherà ai disoccupati di Manerbio che non
potranno portare a casa la pagnotta sulla pelle e la sofferenza di
12'000 esseri viventi al giorno?” Questo è il ricatto morale che
ci sentiamo propinare continuamente, da parte di chi sostiene
politicamente il progetto e si gonfia la bocca di plausi alle
spaventose cifre che mette in tavola la Hamburger Pini.
C'è una cosa che
però queste persone dimenticano, ed è chi saranno i veri lavoratori
del macello Pini. Gli schiavi non umani che pagano da quando nascono
a quando muoiono i veri costi dell'industria alimentare. 12'000
lavoratori coatti che vivono nel dolore e nella prigionia, verranno
infine atrocemente smembrati e fatti a pezzi quotidianamente in nome
del mero profitto economico. Il parallelo con i 13'000 abitanti della
cittadina è scontato quanto efficace. Una Manerbio troverà la morte
ogni giorno nel mega macello. Non c'è giustificazione che tenga per
permettere tale scempio.
Insomma, una deludente
panoramica, questa del quotidiano locale, sui benefici che il macello
Pini porterà a pochi individui, nel tentativo di convincere i
lettori che ne saremo investiti tutti, ma cieca ai vasti danni che
causerà, in primo luogo agli individui non umani. Sorda alla voce
che si sta alzando dal movimento antispecista che grida un forte e
deciso 'basta!' all'efferato sfruttamento perpetrato sugli animali
non umani. In una pagina di carta stampata viene riassunta così la
stessa indifferenza che costruisce socialmente gli individui non
umani come degli oggetti, delle risorse da sfruttare, invece che come
esseri senzienti che, come noi, desiderano vivere liberi.